E’ questa la domanda che l’Avv. Stefano Grassi pone a quei lavoratori che, rivolgendosi al suo Studio, si sono visti recapitare a casa una lettera-raccomandata con la quale viene loro richiesto dal proprio datore di spostare la propria sede di lavoro per un certo periodo di tempo.
Il quesito è di fondamentale importanza proprio perché, in base a come viene formulata e notificata quella richiesta, è possibile stabilire se sia conforme a quanto previsto dalla normativa oppure no.
Se, infatti, spostare momentaneamente la sede di lavoro del dipendente rappresenta, in linea generale, una delle normali estrinsecazioni del potere organizzativo del datore, con il conseguente obbligo contrattale per il lavoratore di adempiervi, è tuttavia necessario che la trasferta sia dotata di elementi tali da consentire a quest’ultimo di sapere esattamente: quando partirà, dove andrà, per quanto tempo vi rimarrà, dove eventualmente pernotterà, con quali mezzi di spostamento si avvarrà, a spese di chi, per quale tipo di mansioni, per quale ragione tecnico-organizzativa dell’impresa. E prima ancora, il lavoratore deve essere edotto di tutto ciò con un preavviso tale da consentirgli, specialmente quando la destinazione si trovi, ad esempio, oltre i 50 km di distanza dalla sua residenza, ovvero per un periodo di permanenza oltre i 4 mesi, una adeguata e tempestiva preparazione del viaggio.
In mancanza di queste informazioni minime, che corrispondono sia a criteri di buona fede nell’esecuzione del contratto, che all’adempimento degli obblighi previsti dalla normativa prevista dalla contrattazione collettiva di riferimento, il lavoratore è legittimato a chiedere al datore chiarimenti prima di pronunciarsi in senso affermativo o negativo rispetto all’ “ordine” di trasferta. Bisogna fare attenzione, però, a non incorrere nel rischio di insubordinazione, particolare circostanza nella quale il lavoratore omette di adempiere alla trasferta senza però comunicare al lavoratore un giustificato motivo. In questo caso, infatti, il datore di lavoro sarebbe legittimato a licenziare il lavoratore.